STORIA VENETA ILLUSTRATA DALLE ORIGINI ALLA FINE DELLA REPUBBLICA DI VENEZIA

 

sv92media

 

LETTERE E CULTURA IN CASA VENIER

 

SI CONTINUA A STUDIARE

 

Sebbene infermo a causa di una grave malattia, il letterato Domenico Venier resta un punto di riferimento per amici e parenti interessati come lui agli studi umanistico-letterari. La sua casa così si trasforma in un importante ritrovo per continuare a discutere e scambiarsi le idee...

 

 

Il XVI secolo fu per Venezia un secolo molto partico­lare e per certi versi paradossale. Da un lato la crisi che inesorabile avanzava e lanciava i suoi dramma­tici segnali con la quasi totale perdita dei possedi­menti nel Levante, sotto i colpi incalzanti degli eserciti ottomani; dall’altro un secolo che per la città si può a ben ragione definire d’oro per una straordinaria esplosione nel campo dell’arte e della cultura.

 

Veronese, Tintoretto, Tiziano nella pittura, Palladio e Jacopo Sansovino nel campo dell’architettura, lasciarono la loro inconfondibile e straordinaria impronta nella storia dell’arte veneziana del Cinquecento, e non solo. La città, ricca ed opulenta reagisce ai primi seri sintomi della crisi con un maquilla­ge che ne trasformerà l’immagine, un’immagine che doveva essere quella di una città e di uno stato ricchi, feli­ci e solidi come non mai e che ben presto raggiungerà in tutta la sua straordinaria e rinnovata magnificenza il lusso delle principali corti europee.

 

Lo sforzo fu comune, tanto del pubblico quanto del privato cittadino. Accanto alla committenza delle grandi famiglie patrizie che si fanno erigere palazzi sempre più grandi e sontuosi – Palazzo Corner, detto Cà Grande e Palazzo Manin per esempio –, si afferma in modo chiaro e perentorio la com­mittenza dello stesso governo ducale, quello che più di tutti aveva i maggiori interessi in questa corsa sfrenata all’immagine.

 

Non a caso il cuore politico, religioso e com­merciale della città verrà proprio in questi decenni defini­tivamente ristrutturato e definito nelle sue attuali forme. Grazie alla sensibilità del Sansovino la piazzetta con i palazzi della Biblioteca e della Zecca acquista nuova forma e sostanza, in stretta relazione con la vicina Piazza S.Marco che viene a sua volta ridefinita nelle sue straor­dinarie quinte architettoniche.

 

Venezia acquista un volto nuovo sia nella cultura che nell’arte

 

Pittori, architetti, stuccatori, decoratori, vetrai, e molti ancora, tutti coinvolti in un febbrile lavoro teso a creare il nuovo aspetto della città, nel suo messaggio l’assi­curatore, indice di immutata potenza. Da sempre punto d’incontro tra Oriente ed Occidente, Venezia, proprio in questo secolo, acquista la sua fama di città cosmopolita, aperta e disponibile ad accogliere ogni sorta di genti senza distinzione di razza o di credo.

 

A questo fermento artistico, a questo costante e fruttuoso interscambio, cor­risponde un mondo culturale estremamente vivace. Si moltiplicano i salotti e i cenacoli letterari mentre, proprio a Venezia, Pietro Bembo nel 1525 sanciva nelle sue “prose sulla volgar lingua” la supremazia della tradizione linguistica toscana e Pietro Aretino si dedicava oltre che alla sua attività letteraria-teatrale alla compiaciuta ammirazione del mondo veneziano.

 

Non solo nei salotti e nei cenacoli si fa cultura, ma anche nelle Accademie che fioriscono numerose un po’ in tutta la penisola nel corso del secolo. Fra le più famose quella della Fama, fondata nel 1558 da Federigo Badoer, che si occupava in partico­lare di studi giuridici – una novità per la città! –, mentre in quel medesimo anno veniva anche fondata l’Accademia Veneziana, indirizzata invece verso gli studi letterari. Tra i fondatori di quest’ultima, Domenico Venier, che si distinse per una discreta attività letteraria e poetica.

 

Domenico Venier, nobile e letterato, nonostante la malattia promuove un ritrovo culturale nella sua casa

 

Nato a Venezia nel 1517, Domenico apparteneva a una delle più famose famiglie della storia venezia­na. Arricchitasi nel corso dei secoli grazie ai vantaggiosi commerci in Levante dove aveva non pochi possedimenti, la famiglia Venier aumentò gradualmente il suo prestigio in quattro occasioni, legate alla elezione di un suo rappre­sentante sul trono ducale. Domenico ebbe modo di strin­gere molto presto amicizia con lo stesso Pietro Bembo che, probabilmente, non fu estraneo alla scelta letteraria del giovane Venier.

 

Costui, infatti, era già noto per la sua attività poetica, quando venne probabilmente colpito da poliomielite, forse nel 1549 o poco prima. Costretto a condurre allora una vita ritirata, rinchiuso nella sua stanza, Domenico tuttavia non venne abbando­nato né abbandonò la sua attività di scrittore e poeta.

 

La sua casa ben presto, anzi, divenne il ritrovo di numerosi poeti e letterati. Tra i più solerti frequentatori c’era innanzitutto il fratello di Domenico, Lorenzo, con i due figli, uno dei quali, Matteo, resterà famoso quale autore della gustosa commedia teatrale “La strazzosa”. Accanto al fratello altri numerosi poeti, come Jacopo e Tommaso Mocenigo, Simeone Contarini e l’immancabile Pietro Aretino.

 

La fama del Venier giustamente merita­ta, era legata in particolare anche alla sua produzione in versi, ammirata dallo stesso Torquato Tasso. Anche come traduttore, tuttavia, il Venier si distinse, in particolare per aver messo mano, traducendole in ottave, alle Metamorfosi di Ovidio. Solo la morte impedì a Domenico Venier di portare a termine quest’ultima impresa. Nel 1582 infatti si spense serenamente nel suo letto, amorevolmente assistito.