Vicenza si oscura

 

Fin dal 1936 iniziano le grandi manovre per prepararsi alla guerra, ma qualcosa va storto…e Vicenza si scopre combattente controvoglia

 

 

Nel 1931, all’epoca del censimento, Vicenza città, con i suoi sobborghi, conta 65.177 abitanti. 52.033 sono nell’agglomerato urbano, gli altri 13.144 nelle frazioni. L’aspetto è quello di una piccola e graziosa città di provincia, strade curate, scarso traffico, una vita a misura d’uomo si direbbe con la terminologia d’oggi. Ma a quell’epoca, o poco più tardi, nel 1935, altri problemi oltre al normale amministrare si affacciano a turbare i responsabili e maggiorenti del Comune. Dal centro, dalla Roma dei Ministeri arrivano richieste di dati, si offrono consigli e “imperative” indicazioni. Oggetto: i pericoli sempre più concreti di un conflitto internazionale. Perciò Vicenza si fa una radiografia per testimoniare non solo lo stato di salute ma per fornire all’irrequieto centro politico una mole di dati di importanza strategica e militare.

 

Il Comune “scheda” tutto. Anche i medici condotti. Che sono per l’esattezza 12 nel capoluogo: il dr. Baglioni, Capitano medico, il dr. Pietro Bagolan, Capitano medico, il dr. Dalla Pozza, Maggiore medico, il dr. Cariolato, il dr. Alessandro De Troi, Capitano della Croce Rossa, il dr. Carlo Borgo, Capitano medico, il dr. Luigi Cisco, Capitano della Croce Rossa, il dr. Michelangelo Beggiato, Maggiore medico, il dr. Giovanni Zanconato, il dr. Nicolò Giovanni Ronco, il dr. Mario Trivellato, Sottotenente medico, il dr. Gino Milani.

 

Il personale del Municipio ammonta a 340 unità, di cui 239 sono “mobilitabili”, 17 sono i dispensati, 84 i non mobilitabili. Tra i dispensati troviamo: l’ispettore dei servizi pompieristici, il comandante del corpo dei civici ompieri e 8 pompieri, il comandante del corpo dei vigili urbani e 6 vigili urbani.

 

Le principali industrie esistenti nel territorio di Vicenza nel 1935 sono le seguenti: Industrie Tessili Vicentine con 1025 operai, il Lanificio Rossi con 407 operai, la S.A. Montecatini – Concimi acidi – con 185 operai, la G. Zambon & C. – Prodotti farmaceutici – con 77 operai, le Industrie Vicentine I.V.E.M. – S.Felice – con 230 operai, le Acciaierie Vicentine A.Beltrame con 209 operai, Tosato Lino (materiale elettrico) con 229 operai, le Aziende Industriali Municipalizzate (gas e elettricità) – S.Biagio – con 90 operai. Altre piccole ditte quali la Nafta S.I. per il petrolio con 17 operai, la Società Italoamericana per il petrolio con 8 operai, la Frigorifero e lavanderia a vapore (produzione di ossigeno) – Via Marmi – 12 operai, la S.A. Centrale del latte con 48 operai, Casarotto Giovanni via Munari con 13 operai, la Soc. Veneta di macinazione – Ponte Pusterla – con 55 operai, la Cielo Corrado & Santi – Pastificio – con 92 operai. Queste le principali ditte per un totale di 2697 operai.

 

Si organizza la struttura per gli allarmi aerei

 

Il Comune innanzitutto deve essere una unità operativa: niente lavativi, tutti devono essere mobilitabili in qualsiasi ora del giorno o della notte e eventualmente lasciare il recapito. La trasmissione dei dati di allarme deve essere fatta per telegrafo, tramite l’ufficio telegrafico di Vicenza sito in Contrà S.Stefano e per telefono.

 

Posti telefonici esistono – dice una nota dell’amministrazione – accanto ad ogni sirena. “Perché in qualunque momento nelle 24 ore possa essere intesa la chiamata è necessario comandare due dipendenti comunali in servizio alla sirena collocata sulla Torre per un turno di vigilanza” dispone il Podestà.

 

Tre le sirene che il Comune attiva in altrettanti posti di vigilanza: una viene installata sulla “Torre di Piazza”, la seconda alla caserma dei pompieri e la terza alla Centrale del latte. “Per trasmettere il segnale alle sirene basta una comunicazione telefonica in qualunque ora del giorno o della notte e si prevede che in due minuti primi il segnale può essere azionato. I custodi delle sirene sono già avvisati ed istruiti – prosegue il documento municipale – non appena ricevuto l’avviso telefonico convenzionale faranno agire le sirene”.

 

Oltre ai segnali acustici il Comune si preoccupa di soddisfare gli imperiosi ordini che vengono da Roma e stende una puntigliosa serie di norme che regolano l’oscuramento in città. “L’oscuramento di carattere permanente è da atturasi solo nel caso di ostilità. Nel caso di ostilità, entro il termine di un giorno dall’avviso, il Comune provvederà: 1) a togliere completamente le lampadine elettriche nella zona del suburbio, ciò anche al fine di limitare e rendere praticamente possibile e sufficentemente rapido lo spegnimento delle lampade di pubblica illuminazione in caso di allarmi; 2) a diminuire l’intensità luminosa delle lampade poste nell’aggregato urbano sostituendo le lampade  con altre di minore intensità; 3) a sopprimere le lampadine di pubblica illuminazione anche nella zona centrale, non assolutamente necessarie. Non si ritiene per ora necessario provvedere a lampade azzurrate, sia per la difficoltà di averle, sia per la spesa necessaria alla provvista di qualche migliaio di lampadine. Con apposita ordinanza – continua il testo della relazione del Municipio vicentino addentrandosi nei particolari della futura vita quotidiana in regime di guerra – si dovrà provvedere: a) ad obbligare tutti i proprietari di case a munire di tendaggi o chiusure opache lucernari o aperture di locali che possono anche saltuariamente venire illuminati; b) a vietare l’accensione di lampade ai distributori di carburanti e all’esterno di esercizi, in deroga a tutte le vigenti disposizioni”.

 

E le deroghe devono essere state tante poiché tutto il commercio, le attività industriali e amministrative di una città vengono sconvolte dalle restrizioni di guerra.

 

Le solite difficoltà tecniche e burocratiche

 

La preoccupazione principale però per il Comune è sempre l’oscuramento, ovviamente, che è la condizione minima per una protezione efficace dall’offesa aerea. E l’oscuramento presuppone un funzionamento tecnico ineccepibile dei sistemi meccanici o manuali. “L’oscuramento di carattere permanente sarà effettuato non appena se ne manifesti la necessità nel modo come al precedente comma al punto 1-2-3. L’energia elettrica viene fornita dalla Società Elettrica del Veneto Centrale dalla Centrale di Borgo Padova ed è distribuita agli utenti  e alla pubblica illuminazione dalle Aziende Municipalizzate, a mezzo di 34 cabine, fatta eccezione di una piccola zona periferica servita direttamente dalla Società del Veneto Centrale. In questa zona, però, nel caso di ostilità, la pubblica illuminazione sarà tolta permanentemente. L’illuminazione pubblica in città è completamente separata da quella privta ed è comandata da interruttori posti nelle 34 cabine di trasformazione. Tenuto conto delle soppressioni della luce nel suburbio, il numero degli interruttori da azionare in caso di allarmi si ridue a 20, e questi devono venire manovrati a mano. Attualmente vengono accese 1500 lampade di pubblica illuminazione di cui circa 150 dipendono dalla Società Elettrica del Veneto Centrale mentre le rimanenti tutte dalle Aziende Municipalizzate. Effettuata la riduzione come detto al precedente comma, rimarranno attive circa 900 lampadine, comandate da 20 cabine di trasformazione”.

 

Da queste righe si può facilmente comprendere come fosse complesso il problema per il controllo della illuminazione in caso di guerra. E’ infatti il tempo di spegnimento, la velocità di aderire al segnale di allarme che dimostra l’efficacia dei parametri di organizzazione antiaerea.

 

E infatti l’estensore della nota non nasconde il problema: “Attualmente per un rapido oscuramento è necessario tenere dislocati 20 uomini alle cabine per togliere la corrente alla pubblica illuminazione non appena segnalato l’allarme dalle sirene. Per quanto non consigliabile, dalle officine delle Aziende a S.Biagio è possibile togliere tutta la corrente tanto pubblica che privata, con un unico comando, e per questo basta un avviso telefonico alle officine. Coll’attuale impianto, tenendo 20 uomini in permanenza alle Officine Municipalizzate a S.Biagio  coll’incarico di raggiungere le varie cabine non appena segnalato l’allarme delle sirene, si calcola che il completo oscuramento dell’illuminazione pubblica si potrà effetturare in 20 minuti primi. Per un più efficace servizio bisogna tenere dislocati 20 agenti permanentemente alle cabine, ma non consentendo queste ricovero diventa necessario poter disporre di almeno 60 uomini per stabilire dei turni di guardia. In questo caso l’oscuramento si avrebbe entro due minuti primi dal segnale. E’ allo studio – ancora si attendono offerte dalle ditte specialiste interpellate – per un impianto di teleinterruttori comandati da una centrale o di un impianto a onde convogliate per il contemporaneo comando dei 20 interruttori. Quest’impianto costerà L. 45.000 e si chiedono due mesi di tempo per eseguirlo. Con questo sistema – conclude il preoccupatissimo estensore – l’interruzione può essere assicurata in un minuto primo dopo il segnale”.

 

Un progetto unico altrimenti il caos

 

Il senso del documento naturalmente non sfugge alla burocrazia militare e a chi deve assicurare il coordinamento della protezione antiaerea. E il 4 marzo 1936 l’Ispettore Provinciale Antiaereo, generale A.Rossi, con lettera riservata della Prefettura di Vicenza comunica al Podestà di Vicenza quello che ci si attende da lui. “Finchè non sarà attuato il progetto del comando unico per l’oscuramento istantaneo del centro urbano di Vicenza, è necessario che le Aziende Municipalizzate provvedano acchè vi sia il personale per manovrare gli interruttori delle diverse cabine, in modo che l’oscuramento possa seguire immediatamente il segnale d’allarme. Nel dare assicurazione ch’è stato provveduto a predisporre fin d’ora il personale predetto, si prega altresì di comunicare l’ammontare della spesa relativa al servizio di che trattasi e che dovrà essere sostenuta da cotesta Amministrazione”.

 

Il 13 Novembre 1936 l’impianto di telecomando è una realtà per Vicenza e infatti le Aziende Municipalizzate il 21 Dicembre avvertono con una nota del loro direttore ing. Prinzi il Comune che le spese di manutenzione non possono essere scorporate dall’impianto di illuminazione generale, e che in ogni caso si aspettano che gli vengano saldati i conti per gli anni di gestione trascorsi.

 

Il 20 Ottobre 1938 sempre le Aziende avvertono l’amministrazione comunale che il collegamento dell’impianto di oscuramento con il centralino del palazzo municipale presenta qualche difficoltà poiché esisterebbe la possibilità di sovrapposizioni di comandi manuali con quelli automatici con il risultato di generare confusione e incertezza nelle manovre. Un secondo avviso del medesimo tenore è del 10 Febbraio 1939 ed è la prova che l’impianto automatico è ancora “a rischio”.

 

Un impianto a rischio

 

Difatti le Aziende tornano alla carica con una seconda nota, sempre del 10 Febbraio 1939, con la quale spiegano il loro punto di vista: “Dobbiamo comunicare che già con nostra lettera del 20 Ottobre scorso sono state fatte presenti le ragioni per cui il raccordo della nostra cabina centrale dell’impianto di telecomando con il centralino municipale non è stato ancora eseguito. Trattasi come noto di un impianto complesso e delicato che richiede da parte della ditta specializzata accurati studi ed esperienze onde garantire in via assoluta che la manovra ad eseguire dal centralino municipale anche da personale inesperto in materia abbia ad essere sicura. Tali studi, già da noi sollecitati, non sono stati ancora ultimati. Non è quindi a noi imputabile il ritardato completamento dell’impianto in questione, per cui riteniamo che la S.V. vorrà disporre per il pagamento della rata convenuta e scaduta”.

 

Poco più di un mese dopo però le Aziende sono in grado di rassicurare il Comune di Vicenza. “Nella centrale A.A. del Municipio trovasi ora installato il quadretto di comando connesso mediante cavetto telefonico alla stazione emittente di S.Biagio, sicchè il comando per lo spegnimento e l’accensione della pubblica illuminazione potrà in caso di guerra essere effettuato dal Municipio mediante due soli pulsanti. Il circuito è stato studiato in modo da evitare in via assoluta errori di manovra o sovrapposizioni di comandi. E’ stato pure applicato un dispositivo ottivo a lampeggiatore per permettere al personale addetto di controllare in qualunque momento il funzionamento della centrale elittente. Nel cavetto di raccordo resta disponibile una coppia di conduttori che potrà essere vantaggiosamente utilizzata per eventuali comunicazioni telefoniche fra la centrale A.A. e la nostra cabina centrale” (A.C.V. Prot. Antiaerea).

 

L’Ispettore si riserva…

 

Il 30 Maggio 1939 l’Ispettore provinciale “Antiaereo” Gen. Rossi si complimenta per l’ottima prova dimostrata dall’impianto di oscuramento però esprime anche delle riserve: durante l’oscuramento parziale permanente l’illuminazione della città è troppo forte. Per cui avanza alcuni provvedimenti con carattere d’urgenza: diminuzione d’intensità della corrente al fine di ottenere una luce meno splendente; un più forte azzurramento delle lampade, difatti – dice sempre il gen. Rossi – “non sembra che le lampade tipo solare siano molto adatte per dare una luce azzurra poco visibile da lontano”; una maggior profondità dei coni di protezione in modo da impedire radiazioni laterali; un diradamento delle lampade che rimangono accese”.

 

Alle rimostranze sostanziali dell’Ispettore Antiaereo Gen. Rossi le Aziende rispondono il 6 Giugno 1939 per le rime. Il Podestà viene invitato a far cessare il balletto delle decisioni sull’impianto per l’oscuramento perché “…le caratteristiche dell’oscuramento parziale e permanente delle strade e piazze cittadine furono a suo tempo definite in accordo col Sig. Ispettore Provinciale Antiaereo. Ad evitare pertanto che le nuove istruzioni possano al lato pratico non soddisfare alle esigenze difensive della città si prega la S.V. di voler invitare il suddetto Sig. Ispettore a precisare in forma univoca la potenzialità della nuova illuminazione permanentemente oscurata. Saranno così evitate inutili spese per l’acquisto delle lampade speciali che non possono trovare alcun diverso impiego”.

 

Trascorre l’estate e sembra essere sceso il silenzio sul balletto dell’antiaerea ma improvvisamente, cessata la calura, il 1 di Settembre 1939 il Prefetto Alliaudi si scuote ed emette una ordinanza “categorica” rivolta al Podestà di Vicenza ed ai Commissari Prefettizi dei Comuni della provincia vicentina.

 

“Trasmetto l’unita ordinanza riguardante l’oscuramento. Essa diverrà esecutiva senza bisogno di ulteriore avviso. Dell’esecuzione delle disposizioni in essa contenute è personalmente responsabile il Sig. Podestà il quale dovrà assicurarsi che i funzionari del Comune e la popolazione siano da questo momento a conoscenza delle norme che li riguardano e possano darvi immediata applicazione non appena l’ordinanza entri in vigore. In particolare sarà posta attenzione ai sistemi di chiusure delle porte, delle finestre, dei lucernari ecc. (scuri, tendaggi, ecc.) atti ad evitare che la luce interna delle abitazioni trapeli al di fuori, avvertendo che in difetto la luce dovrà essere spenta. Anche effettuando un oscuramento totale permanente (cioè in massima tutta la illuminazione pubblica sempre spenta) vi potrà essere in qualche crocevia o in qualche punto particolarmente pericoloso una lampadina azzurrata e schermata. Si ricordi che essa rimarrà accesa anche in caso di incursione aerea e perciò azzurramento, paralume, posizione della lampadina, ecc. dovranno essere studiati con particolare cura in modo da essere sicuri che essa non sia visibile dall’alto e non si rifletta la luce in terra. Lascio il prudente arbitrio dei Sigg. Podestà sotto la loro personale responsabilità di riesaminare la ubicazione e il numero di tali lampadine informandone il Comitato di P.A.A. E’ anche opportuno imbiancare con latte di calce i bordi dei marciapiedi ai crocevia nonché tinteggiare con coloritura bianca resistente alle intemperie: ringhiere, parapetti di ponti, spigoli di fabbricati, pali telegrafici, antenne porta fanali ecc. Anche i proprietari di veicoli a trazione meccanica, animale e umana dovranno essere avvertiti che dovranno circolare a velocità ridotta con luci azzurrate. Nei Comuni che attuano un oscuramento parziale permanente sia ben chiaramente spiegato che per la popolazione civile, cioè per la illuminazione privata, non vi è alcuna benchè minima differenza fra l’oscuramento parziale e quello totale. Ricordo che in nessun caso l’oscuramento parziale permanente dovrà essere ottenuto mediante il solo abbassamento della tensione. Tale provvedimento da solo è perfettamente inutile mentre sarà sempre proficuo ed è consigliabile adottarlo a parallelo con gli altri indicati (azzurramento, schermo, ecc.)”.

 

Ma la prova fa pluff

 

Per dare forza alla sua ordinanza il Prefetto fissa un giorno per una prova pratica di oscuramento e per verificare anche, e soprattutto, il dispositivo di collegamento delle centraline di allarme. Si tratta di un oscuramento parziale permanente, come recitava il documento testè visto, in cui l’illuminazione pubblica viene ridotta diminuendo il numero delle lampade accese, azzurrando e schermando le residue con appositi dispositivi.

 

“Le luci esterne dei negozi – recita il diktat del Prefetto – degli esercizi pubblici in genere, le insegne luminose di qualsiasi specie, i globi luminosi dei distributori di benzina, delle bilance automatiche, degli orologi pubblici, e qualsiasi lampada esterna in genere, dovranno rimanere permanentemente spente. Qualunque emanazione, filtrazione o riverbero di luce verso l’esterno da parte di stabilimenti industriali, esercizi pubblici, locali di pubblico spettacolo, abitazioni private, ecc. devono essere assolutamente impediti a cura degli interessati, mediante opportuno schermaggio; pure schermati dovranno essere portoni, lucernari, scale, da cui possa filtrare luce verso l’esterno. Gli autoveicoli e i veicoli – continua il Prefetto Alliaudi – di qualsiasi specie dovranno circolare a velocità ridotta adoperando per le segnalazioni i mezzi acustici e per la visibilità i fanali a luce ridotta ed azzurrati. E’ vietato l’uso dei fari abbaglianti e delle mezze luci degli automezzi, anche se azzurrate. Le tramvie e le filovie dovranno circolare con le luci fortemente azzurrate sia all’esterno che all’interno. Le luci perpetue dei santuari e cimiteri e simili devono essere soppresse. I trasgressori della presente ordinanza saranno soggetti alle pene stabilite dalla legge…”.

 

La prova effettuata lo stesso giorno dell’ordinanza, proprio per prendere di sorpresa tutti, si rivela ovviamente un parziale fallimento. E il Prefetto si vendica con il Podestà usando nella nota del 5 Settembre 1939 un tono vagamente canzonatorio.

 

“L’oscuramento parziale permanente attuato in questi giorni ha dimostrato parecchie manchevolezze che del resto erano già state comunicate…Autorizzo ad ogni modo di ripristinare da oggi l’illuminazione normale sempre che siate in grado di attuare al primo cenno l’oscuramento parziale o totale secondo le disposizioni che potranno essere emanate. Avverto che un nuovo esperimento sarà compiuto tra una diecina di giorni e che in esso le disposizioni regolamentari devono essere applicate integralmente, curando molto la disciplina della popolazione e non ammettendo lampade esterne di esercizi accese, o peggio pubblici esercizi completamente illuminati senza nessun schermo che impedisca alla luce di proiettarsi all’esterno. Resta bene inteso che in questo periodo di tempo dovranno essere studiati ed attuati tutti i provvedimenti necessari a rimuovere gli inconvenienti già rilevati”.

 

Strascichi di queste manchevolezze certamente ce ne sono stati ma nella corrispondenza con il Comune o con le autorità non ce n’è traccia. Unico documento che suggella il balletto dell’antiaerea una nota datata 2 Novembre 1939 delle Aziende Industriali Municipalizzate di Vicenza in cui si fa una resa dei conti (economici) degli esperimenti per la protezione antiaerea della città. “Abbiamo proceduto agli esperimenti di oscuramento della illuminazione pubblica in accordo con l’Ispettore del C.P.P.A.A. Gen. Rossi. A seguito di tali esperienze abbiamo costituito presso il ns. magazzino una dotazione di 1085 lampade azzurrate con pasta di varia potenzialità (da 150 a 15 watt) per essere poste in opera su ogni richiesta. Disponiamo inoltre, e sono comprese nella fattura allegata, di 51 lampade del tipo “Solar” residuate dall’esperimento eseguito nel maggio scorso e non riuscito di gradimento del predetto Ispettore. Queste ultime lampade, non potendo trovare impiego alcuno da parte nostra né essere riconsegnate al fabbricante perché marcate, potranno invece essere vantaggiosamente utilizzate nei vari uffici municipali essendo esse costruite appunto per ambienti chiusi ed illuminazione di tavoli da lavoro”.

 

Si litiga tra le autorità

 

Anche l’Ispettore Antiaereo di Vicenza Gen. Rossi però si accorge che qualcosa non va nei divieti e nelle deroghe e prende carta e penna e scrive al Municipio di Vicenza in data 25 Gennaio 1940 per correggere alcune insufficenze nell’organizzazione dell’oscuramento. Il problema è che nei comuni attraversati dalla ferrovia ci possono essere, in particolari condizioni atmosferiche, degli equivoci luminosi, poiché le lampade azzurre delle abitazioni o delle strade possono confondersi con i segnali delle stazioni. Urge quindi una modifica dell’azzurramento, dice il militare. Il 30 di Gennaio 1940 in ogni caso ci pensa il Prefetto ad emanare una circolare in cui si autorizza il ripristino delle lampade normali bianche, in sostituzione delle tanto contestate “azzurre”, poiché l’emergenza aerea è “passata”.

 

L’organizzazione però è sempre pronta, a rintuzzare possibile smagliature o inosservanze dei divieti. Sempre il Prefetto il 18 Maggio 1940 invia una nota ai Podestà della provincia vicentina nella quale rende nota la necessità che i Comuni provvedano ad attivare delle persone di guardia ai mezzi di trasmissione rapida (telefono e telegrafo) onde poter ricevere i messaggi dalla Prefettura.

 

Sia nelle ore del giorno che in quelle della notte senza alcun ritardo ci dovrà essere un responsabile alla cornetta o al telegrafo. Il 27 maggio 1940 l’illuminazione nei sobborghi di Vicenza viene tolta del tutto, mentre nell’aggregato urbano si è pronti a sostituire le lampade bianche ai crocicchi con le famigerate azzurre. Siamo in piena campagna di oscuramento parziale e le direttive fioccano ad ogni momento. E non sono certo solo gli esercenti o gli albergatori, ma anche e soprattutto i direttori di stabilimenti e di aziende.

 

Comunque gli ordini si susseguono e sono permanentemente “contraddittori”. Un giorno si autorizzano le lampade bianche, il giorno dopo le si toglie di mezzo e si mettono quelle azzurre, con il risultato di suscitare l’ilarità o l’arrabbiatura della gente. Il 1 Giugno 1940 infatti di nuovo divieto per le “bianche”, sempre “in ottemperanza a superiori disposizioni” e comunque motivato per “predisposizione precauzionale”.

 

Le Aziende Municipalizzate devono togliere e rimettere, così il balletto dell’antiaerea continua a mietere le sue vittime. Tanto che il 17 Giugno 1940, visto che i capoccioni continuano a fare e a disfare, la direzione delle Aziende di Vicenza in una nota al Podestà chiede di essere autorizzata ad accogliere gli ordini dell’Ispettore Antiaereo senza passare per la trafila burocratica, “ad evitare contestazioni all’atto della presentazione dei conti per le spese incontrate. Caso contrario preghiamo la S.V. – scrive l’Ing. Prinzi – d’invitare l’Ispettore Provinciale a trasmettere gli ordini al Comune che a sua volta li girerà a noi se crederà di accogliere le richieste”.

 

La tensione creatasi, com’è evidente, tra Municipio, Aziende Industriali Municipalizzate e Ispettore Antiaereo viene alla luce formalmente con una nota dal tono seccato del Gen.Rossi in data 28 Giugno 1940. Vale la pena riportarla integralmente perché la dice lunga su come funzionavano gli uffici.

 

“Sig. Podestà, mi riferisco al foglio n.8061 del 21 Giugno XVIII. Ho fatto verbalmente presente al Direttore delle Aziende Industriali Municipalizzate quelle che a mio parere erano le deficenze e i ritocchi da apportare alla illuminazione pubblica in dipendenza di precedenti ordini inviati o dati da S.E. il Prefetto a codesto Comune. Mi sono rivolto all’Ente tecnico che per la sua conoscenza anche nei particolari della illuminazione poteva comprendere il mio pensiero senza la necessità di una minuta elencazione e precisazione scritta. Ho insomma cercato nella mia competenza e nella mia responsabilità di facilitare quella che avrebbe dovuto e spero sia stata l’opera di revisione e di miglioramento dell’oscuramento da parte di cotesto Comune. Mi auguro inoltre che le disposizioni urgenti inerenti alla protezione antiaerea vengano subito applicate e non succeda come ad esempio per la lettera n.516-B/4 in data 26 Marzo 1940 XVIII all’oggetto “ricoveri antiaerei” che nella more degli uffici dopo quasi venti giorni non era ancora giunta per l’esecuzione all’ufficio tecnico comunale nonostante la sua evidente urgenza. Gradirei inoltre che le pratiche del genere mi fossero inviate a firma del Podestà”.

 

Si disciplinano tutte le luci

 

Tutte le categorie lavorative di una città vengono invitate a prendere gli opportuni provvedimenti, non una lampadina deve essere fuori tabella, ovvero illuminare più di altre azzurrate. E le tabelle compilate dagli enti pubblici danno il quadro della mobilitazione. Per riconoscere gli esercizi pubblici o i locali di “pubblica utilità” (telefoni, generi di privativa, bar, caffè, ristoranti e simili) durante la fase di oscuramento parziale vengono autorizzati appositi dispositivi luminosi che indicano la presenza degli esercizi in questione. In modo analogo si fa per le farmacie, i medici, le ostetriche ed i ricoveri.

 

“Tali dispositivi – scrive in data 27 Settembre 1940 il Sottocapo di S.M. Col. Bergia – in linea generale dovranno essere: 1) costituiti da una cassetta impermeabile alla luce, aperta solo sul davanti e schermata verso l’alto da incastrare o appendere all’esterno dei locali; 2) chiusi sul davanti da uno schermo, delle dimensioni di cm. 21 per 12 sul quale saranno riportate le indicazioni necessarie; detto schermo dovrà in ogni caso impedire la visibilità della sorgente luminosa e potrà essere: traslucido (di colore grigio perla) con le indicazioni applicate a vernice; opaco con le indicazioni incise a traforo e schermate verso la sorgente luminosa con vetro o cellofane fortemente azzurrati; 3) illuminati da una sola lampada elettrica che non deve in alcun caso avere un’intensità maggiore di 5 watt sulla tensione normale di esercizio. E’ consentito per rendere maggiormente visibili tali dispositivi l’uso di vernici luminescenti. I tipi di dispositivi che possono essere adottati, le loro caratteristiche, il loro costo, le ditte che le producono potranno essere richiesti all’U.N.P.A.  (Unione Nazionale Protezione Antiaerea, n.d.c.) che è in possesso di tutti i dati necessari. Nessun altro tipo oltre quelli che verranno indicati dall’U.N.P.A. potrà essere adottato senza la preventiva autorizzazione di questo Stato Maggiore. I dispositivi di cui sopra dovranno essere spenti al momento dell’allarme”.

 

 

Altre deroghe si fanno lentamente strada mano amano che fioccano le proteste o i distinguo di cittadini e Podestà. E così il 19 Novembre 1940 sempre lo Stato Maggiore deve concedere che i dispositivi luminosi recanti le diciture “Medico”, “Ostetrica”, “Farmacia”, “Ricovero”, possano rimanere accesi anche in caso di oscuramento totale in seguito ad allarme. Tutti gli altri dovranno invece essere spenti.

 

Naturalmente c’è il problema del “fai da te” o dell’autarchia casalinga. Infatti la burocrazia impedisce ai cittadini di potersi fare i segnali per conto proprio senza sottostare al visto del regime: tutti i dispositivi per l’oscuramento dovranno quindi essere vagliati dall’autorità e rispondere ai requisiti già visti. Ogni esercizio commerciale poi non potrà avere più di un dispositivo luminoso. Sopra a tutto vige l’autorità del Comitato Provinciale per la Protezione Antiaerea di cui il Prefetto è il Presidente.

 

Appaiono le prime deroghe

 

Naturalmente l’oscuramento non è la soluzione più efficace perché una nazione continui ad essere produttiva o perché i cittadini possano circolare liberamente senza mettere in pericolo la loro sicurezza e ben poco servono le strisce bianche sui marciapiedi, se pensiamo che in campagna si può correre il rischio di andare a finire in un fosso perché non c’è un segnala luminoso di pericolo “per lavori in corso”.

 

Alla fine (di molti incidenti) anche la burocrazia ministeriale si accorge che forse è il caso di moderare la disciplina dell’oscuramento o per lo meno di integrarla con norme più flòessibili ed adatte alla vita di ogni giorno.

 

Il 2 Dicembre 1940 il Ministero della Guerra, Stato Maggiore per la difesa del territorio, Ufficio Protezione Antiaerea e difesa coste, scrive una circolare ai Comuni che sembra voler mettere ordine nel gran buio dell’oscuramento.

 

“Il Ministero dei Lavori Pubblici – scrive il Colonnello Bergia –mi ha rappresentato la necessità di consentire, in casi di frane, alluvioni, interruzioni stradali, ecc. alcune deroghe alle vigenti norme sull’oscuramento. Il criterio fondamentale da seguire per concedere eventuali deroghe alle vigenti norme sull’oscuramento – nelle circostanze suaccennate – è quello di stabilire se sia maggiore il danno che può derivare dall’impiego di luci ridotte e schermate (in vista di possibili offese aeree) ma che, come tali, portano ad inevitabili limitazioni nell’attività lavorativa oppure quello che può derivare da una eventuale offesa aerea sulla zona infortunata ed illuminata fortemente senza particolari precauzioni (o in zone a questa molto prossime). Tenendo presente quanto sopra dispongo: a) il personale di guardia lungo le strade statali è autorizzato ad adoperare lampade a luce azzurra di intensità tale da non essere percepita oltre i 700-800 metri munite di speciale dispositivo (a visiera) tale da evitare che la sorgente luminosa possa essere visibile dall’alto; b) ove un’interruzione stradale stia per ferificarsi o sia già avvenuta, il Dirigente dei lavori interessato, qualora ravvisi la necessità dell’impiego di luci non attenuate né schermate, rappresenterà all’Eccellenza il Prefetto competente per giurisdizione e responsabile della protezione antiaerea della propria provincia l’eventuale necessità di impiegare luci non schermate. L’Eccellenza il Prefetto, tenendo presente il criterio sopra citato, deciderà – con l’urgenza che il caso richiede – se concedere oppure no la chiesta autorizzazione; c) nei casi dubbi – e solo in via del tutto eccezionale – le Eccellenze i Prefetti potranno chiedere, per tale concessione il nullaosta a questo Stato Maggiore; d) resta inteso che nel caso in cui viene concessa l’autorizzazione di impiegare luci non schermate le località di lavoro dovranno essere sempre collegate – a cura dell’Azienda Autonoma della Strada – con la Regia Prefettura competente per giurisdizione territoriale, in modo da poter ricevere tempestivamente – in caso di allarme aereo – l’ordine di interruzione del lavoro e del conseguente spegnimento delle luci”.

 

E c’è pure chi manomette

 

Per fare osservare i divieti occorre che l’autorità abbia il consenso della gente o perlomeno che sia credibile. Forse non è questo il caso delle autorità fasciste della nostra provincia poiché il 10 Dicembre 1940 il Prefetto Alliaudi con una nota riservata al Podestà di Vicenza si lamenta di fatti un po’ particolari.

 

“Il Ministero della Marina ha segnalato che i palloni degli sbarramenti aerei strappati dagli ormeggi ed in seguito recuperati, sono stati trovati fortemente manomessi ed in condizioni di non essere più riparati. Le manomissioni avvengono perché i contadini asportano le corde e sovente anche la seta con la quale sono costruiti. Data l’urgenza che il predetto Ministero ha di poter nuovamente disporre dei palloni recuperati ed in considerazione del loro elevato costo e della difficoltà di approvvigionamento nelle attuali circostanze di deficienza di materie prime, è necessario evitare che le cennate manomissioni abbiano ulteriormente luogo. Dovrà pertanto provvedersi da parte del Podestà per il sollecito accertamento e per l’immediata denuncia all’Autorità Giudiziaria degli eventuali responsabili, dando a tale disposizione la più larga diffusione possibile senza peraltro ricorrere alla stampa. Dovrà nel contempo portarsi, allo stesso modo, a conoscenza della popolazione che il Ministero della Marina concederà premi in denaro a coloro che riconsegneranno intatti i palloni eventualmente trovati”.