L'AUTUNNO DI SALO'
Con l’autunno del 1944 ad entrare in crisi non sono solo i partigiani, che perlomeno possono sperare nel futuro, ma tutti gli organismi della RSI che si dimostrano minati nel morale e nella struttura militare
di Giorgio Marenghi
(Contatti STORIAVICENTINA:
Con la costituzione della Brigata Nera il morale della Guardia Nazionale Repubblicana va ancora più giù. Infatti ai rovesci subiti ad opera dei partigiani si aggiunge anche il fatto che molti appartenenti al corpo abbandonano i reparti, disertano oppure vanno a guadagnare un soldo maggiore arruolandosi nei reparti delle Brigate Nere. Si crea una concorrenza deleteria per il funzionamento delle forze di Salò: da una parte c’è il Maresciallo Graziani con il suo sgangherato esercito, poi la Guardia che combatte i “ribelli”, la Decima Mas, preferita da tutti coloro che vogliono seguire il “leader” Valerio Borghese, infine le Brigate del P.F.R., che pagano bene. A Vicenza le cose dopo l’estate vanno maluccio.
Le stazioni della GNR in tutta la zona pedemontana sono state quasi tutte chiuse. Sono i battaglioni mobili che conducono i rastrellamenti, ma della struttura territoriale costruita su quella ereditata dall’Arma dei Carabinieri non vi è più traccia. Il battaglione mobile è acquartierato a Longara, nei pressi di Vicenza vi sono parecchi accasermamenti, nei centri maggiori vi sono distaccamenti considerevoli, poi il deserto.
Il Ten. Colonnello Gaddi, primo comandante la G.N.R. vicentina, viene sostituito per ordini superiori e giubilato al Quartier Generale delle Brigate Nere a Milano. Al suo posto arriva il Colonnello Camerucci, sfollato politico dalle Marche, un elemento ligio agli ordini fino all’eccesso, definito “infido e crudele” dai suoi stessi ufficiali. Con questo carattere irascibile e scontroso, i pochi amici che aveva a Vicenza li perde nel giro di pochi mesi, compreso il Federale Radicioni, suo compaesano, che lo allontana dichiarando in privato ai suoi che il Camerucci era “un cretino con il quale non sarebbe mai più andato d'accordo”. La stessa cosa accade con il questore Cesare Linari, un maestro nell’arte della doppiezza che mal sopportava i militari “tutti di un pezzo ed ottusi”, come il Camerucci.
La situazione della G.N.R. in provincia
Già abbiamo detto che nel corso dell’estate del 1944 saltano i presidi territoriali, cioè le piccole stazioncine degli ex Carabinieri Reali vengono abbandonate, per l’estrema pericolosità del momento. I partigiani sono in azione ed un piccolo gruppo di una decina di uomini può essere isolato e decimato o distrutto in men che non si dica. Per un esempio è sufficiente guardare cosa succede in Valle del Chiampo e nei Lessini da dove la G.N.R. viene praticamente cacciata dalle formazioni di Marozin e da quelle della “Stella”. A partire però dal mese di novembre la situazione per la G.N.R. migliora un pò poiché arrivano di rinforzo due battaglioni provenienti dall’Italia centrale.
A Schio si acquartiera il Battaglione “Firenze”, a Longara la Compagnia di Sicurezza con 3 ufficiali e 156 uomini di truppa. La 2A Compagnia Ausiliaria di Schio può contare su 4 ufficiali e 222 uomini. A Vicenza la 1A Compagnia Ausiliaria, con 3 ufficiali e 201 uomini di truppa. Trenta militi sono suddivisi nei seguenti posti fissi: postazione contraerea di Monte Crocetta, Campo di aviazione di Vicenza, Villa Rossi di Cavazzale, ove vi è una postazione contraerea, alla Federazione del Partito e all'Ufficio Censura. Altro distaccamento, sempre della G.N.R. è, nel 1944, alla Scuola Allievi Militi della GNR Stradale a Piovene Rocchette. Per un periodo limitato, invece, la provincia di Vicenza ha l’onore e l’onere di ospitare la 1A Legione di Assalto “M” “Tagliamento”, sempre della G.N.R., dal 1 di settembre 1944 al 25 ottobre, reparto comandato dal colonnello Zuccari Merico e stanziatosi a Recoaro, con nuclei anche a S.Vito di Leguzzano.
Cosa succede in autunno
La situazione in novembre, passata l’euforia delle impiccagioni di Bassano e dissoltasi l’illusione per le nuove “armi segrete” tedesche, peggiora sempre più. Ormai chi si è compromesso sa che non può più tornare indietro, i “moderati” qualche speranza invece ce l’hanno ancora, il Podestà di Vicenza, il Commissario Prefettizio Donelli, si limita all'ordinaria amministrazione, delega i servizi ai suoi dirigenti, cerca di essere presente quando i bombardamenti scuotono in tutti i sensi la città, provvede alle mense, ecc.
Il Federale Radicioni se ne sta calmo e buono, anche lui ha le sue colpe anche se non paragonabili al furore fanatico del Passuello. Il Comando Tedesco sa che tra i lavoratori della TODT numerosi sono i partigiani ma nella maggioranza dei casi lascia stare.
Quelli che non demordono sono le SS, guidate dal tenente Erke, alcuni settori della Brigata Nera, e soprattutto gli scherani del Maggiore Carità che nella loro sede di Via Fratelli Albanese continuano il loro lavoro di spionaggio e di tortura. Nel partito fascista si affacciano tante ipotesi, molti sono coloro che preparano i loro parenti per la fuga.
Ovviamente stiamo parlando del mese di novembre-dicembre del 1944, non degli ultimi giorni prima della liberazione. Per fare un esempio già nel gennaio del 1945 i parenti dei militi della Brigata Nera di Altavilla si erano già preparati per emigrare, di nascosto, a Verona. Quindi gli altri, più coinvolti, i loro conti li avevano fatti per tempo.
E’ in questo periodo che nel Partito Fascista Repubblicano cerca di farsi largo la tendenza “moderata”, che con il nuovo Podestà Antonio Corna, proveniente dal sindacalismo fascista, e l’avvocato Franceschini (vecchio gerarcone del Ventennio) cercherà una via d’uscita per Vicenza.
La storia di Vicenza "città aperta"
E a questo proposito l’avvocato Antonio Franceschini, malgrado l’età, si muove freneticamente: cerca di farsi ricevere dal Duce al Quartier Generale per sottoporre al distratto e depresso Mussolini un progetto per dichiarare Vicenza “città aperta”. Ma non basta: occorre battere il ferro quando è caldo e l’Ente Turistico di Vicenza il 14 novembre spedisce al Ministro per l’Educazione Nazionale, prof. Alberto Biggini, un memorandum per sollecitare l’operazione.
“Si crede opportuno e doveroso - recita il documento - da parte di questo Ente segnalarvi di una precedente iniziativa svolta con il tramite d e II ’ illustre Avv. Antonio Franceschini, primo Sindaco e Podestà Fascista, primo Federale e poi Preside dell’Amministrazione Provinciale, il quale gode della personale amicizia del Duce, affinchè il nostro Capo volesse intervenire presso il Maresciallo Kesserling perchè l’antica ed artistica città di Vicenza fosse dichiarata Città libera o aperta e quindi risparmiata dalle distruzioni della guerra.
L’Avv. Franceschini ha sollecitato in questi giorni una udienza presso il Duce al fine di esporre a voce le ragioni che giustificano la richiesta che Vicenza sia riconosciuta città aperta. Allo scopo che voi possiate vagliare con tutta precisione tale iniziativa questo Ente si permette di inviarvi copia della lettera scritta al Duce dal predetto camerata Avv. Franceschini nonché una memoria redatta di proposito dall’arch. Co. Fausto Franco (vicentino), Soprintendente ai Monumenti Medioevali e Moderni di Trieste in collaborazione con il Soprintendente Arch. Ferdinando Forlati e con il Prof. Rodolfo Palluchini della Direzione alle Arti del Comune di Venezia....”.
Franceschini alla fine viene ricevuto
Il 16 novembre altra lettera sempre dell’Ente provinciale per il Turismo di Vicenza al Duce. Questa volta i toni sono più ansiosi:
"Duce salvate Vicenza, la città che nel settembre del 1939 in un Vostro memorabile discorso tenuto in Piazza dei Signori Voi chiamaste: “Città splendente nei campi dell’arte e dell’eroismo” e che oggi per la sua posizione geografica è tale da prevedere che essa possa essere coinvolta nelle operazioni belliche. Questo dato di fatto è, evidentemente, in doloroso contrasto con la sua alta importanza artistica nel quadro della civiltà..."
Il tono della missiva è sempre più retorico fino a sfiorare il ridicolo ricordando addirittura: "Quanto alla Russia, non solo quella zarista di Pietro il Grande, ma anche la comunista ha mandato i suoi architetti a disegnare gli archi e i capitelli del Palladio. Proprio a Mosca è sorta nell’ultimo decennio, una grande casa per il popolo, che riproduce esattamente le linee della Loggia del Capitaniato a Vicenza..".
Le intenzioni dell’lng. Giuseppe Dal Conte, Presidente dell’Ente per il Turismo, controfirmate dal solito Franceschini, sono sicuramente buone e sincere, ma sembrano trovare qualche ostacolo.
Si insiste di nuovo e si invia a chi di dovere un documento dettagliato sul piano per dichiarare Vicenza città aperta:
"Nella eventualità che la città di Vicenza - riporta il documento - possa diventare zona di operazioni militari un possibile provvedimento per la protezione del centro cittadino sarebbe quello di deviare ogni forma di traffico militare dalla città, oltre l’allontanamento dal centro stesso dei Comandi e Reparti Germanici ed Italiani che vi stazionano. Dalla unita planimetria si rileva come l’antico nucleo cittadino, dove sono raccolte le più notevoli opere monumentali d’interesse storico-artistico, possa essere con facilità sottratto al passaggio di tutti i veicoli militari in transito, deviandoli utilmente per la circonvallazione nord (Viale Mazzini, Viale B.D’Alviano, Viale Fratelli Bandiera e Via Legione Gallieno) quanto seguendo la circonvallazione sud (Via Ferretti, Viale Maganza, Viale Fusinato, Via C. Alberto, Viale Margherita).
La strada statale della Vallarsa n. 47 (per Schio e Thiene), la provinciale Marosticana (per Marostica e Bassano del Grappa), la statale di Postumia (per Treviso), si staccano tutte dalla circonvallazione nord, la strada provinciale della Riviera (per Noventa Vic.), si stacca dalla circonvallazione sud. Il nucleo urbano può essere così facilmente isolato e chiuso al traffico militare con semplici barriere costruite in muratura in corrispondenza delle vecchie porte cittadine e precisamente: del Castello, Nuova, della Rocchetta, di S.Bortolo, di Via 4 Novembre, di S. Lucia, dove esistono manufatti di difesa medioevali, ed inoltre con muraglioni di sbarramento in corrispondenza di: Viale Bacchiglione, Via Sarpi, Via Paglierino nel quartiere di S. Bortolo; di Via 4 novembre, Via S. Domenico, Corso Padova, Via del Balilla, Via S. Caterina, Via Porta Lupia e Barriera Eretenia.
Le chiusure possono essere praticate in modo da lasciare il passaggio pedonale con divieto di entrata in città di ogni soldato e di ogni mezzo militare come è stato fatto per Bologna (Corriere della Sera del 24 novembre 1944) per Ravenna e a suo tempo per Siena. Il nucleo urbano artistico da proteggere e che va escluso dal traffico, risulta dall’unita planimetria, è limitato: ...La stazione e le linee ferroviarie per Verona, per Padova, per Schio e per Treviso restano all’esterno della zona chiusa al traffico. E’ da tenere presente inoltre che la zona a sud-est della città dovrebbe essere esclusa dalle opere di fortificazioni e gere, dovrebbero lasciare la città e trasferirsi nei paesi vicini, ove troverebbero sedi adatte sotto ogni rapporto”.(...)
"In ipotesi subordinata il nucleo di Vicenza così salvaguardato potrebbe diventare un centro ospedaliero militare capace di accogliere dagli ottomila ai diecimila feriti od ammalati, usufruendo dei numerosi palazzi, istituti ospedalieri già esistenti, istituti di istruzione, caserme, conventi, ecc. che si renderebbero liberi. La popolazione di Vicenza offrirà parte dei letti necessari per allestire i vari ospedali territoriali e da campo, materassi, biancheria, ecc. e l’assistenza da parte delle sue donne per alleviare le sofferenze dei feriti od ammalati reduci dal fronte. Gli Enti pubblici e privati si faranno promotori della raccolta di oggetti di casermaggio e di mezzi finanziari per concretare l’iniziativa di fare di Vicenza artistica una Vicenza fraterna ed amorosa, che offre tutto quello che possiede perchè il combattente trovi tra le sue case la forza di guarire dalle ferite ed infermità della guerra..".
Si tenta anche con i tedeschi
Il 9 novembre 1944 tale lettera dell’lng. Dal Conte, sottoscritta dall’avvocato Franceschini, dal Commissario Prefettizio Donelli, dal Gen. Edgardo Preti Capo della Provincia, dal dott. Raimondo Radicioni Federale e comandante la Brigata Nera, dal Prof. Edoardo Fanton Commissario Prefettizio dell'Amministrazione provinciale, da Mons. Carlo Zinato, Vescovo della diocesi, viene inviata al Comando Supremo tedesco. Il 27 novembre, un mese dopo la richiesta, finalmente il Duce riceve il buon Franceschini. Lo rincuora, come sempre si fa in queste occasioni, prende tempo e gli dice che "...prenderà a cuore la questione".
Tanto basta perchè il vecchio gerarca torni a Vicenza tutto imbaldanzito e scriva di getto una lettera al Commissario Prefettizio Ing. Benedetto Luigi Donelli per comunicargli le "buone nuove". Naturalmente i tedeschi non si muovono e neanche i reparti italiani e Vicenza resta un obiettivo "strategico", continuando a ricevere le attenzioni dal cielo da parte degli Alleati.